Slow Food, dopo le posizioni critiche in merito al Piano Nazionale di Ripartenza elaborato dal Governo italiano, parla del Programma GIAHS della FAO, che è nato in collaborazione insieme alla stessa Slow Food nell’ambito di Terra Madre Salone del Gusto.
GIHAS è la sigla di Globally Important Agricultural Heritage Systems, progetto finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e vede coinvolto il Dipartimento di scienze e tecnologie agrarie dell’Università di Firenze e il Polo Universitario della Città di Prato.
“Siamo di fronte al fallimento dell’agricoltura intensiva e industriale – ha affermato Mauro Agnoletti, Presidente del Comitato Scientifico FAO GIAHS (SAG) e coordinatore scientifico del progetto Building capacity: corso internazionale avanzato applicativo su GIAHS – l’agricoltura tradizionale presenta input e output a livello energetico e di emissioni di carbonio che la rendono più efficiente rispetto ai sistemi agricoli industriali, i quali possono avere rese maggiori ma richiedono anche maggiore energia. È quindi più sostenibile in termini di impatto ambientale. Nel continente europeo rileviamo un calo delle superfici coltivate, perché molti agricoltori abbandonano le zone rurali. Di conseguenza abbiamo una riduzione della diversità nel paesaggio. Questo porta effetti negativi non solo da un punto di vista estetico ma anche politico e sociale. La biodiversità è un processo storico, e il paesaggio è il risultato degli effetti ambientali espressi insieme ai valori culturali attraverso la forma del territorio. Questo è un valore da tener presente quando si parla di qualità”.
Miguel Altieri, professore di agroecologia presso l’Università della California di Berkeley ha evidenziato che, nel mondo, esistono dei sistemi agricoli che hanno consentito di conservare una conoscenza utile per le sfide future: “La biodiversità e la diversità culturale sono collegate strettamente e fanno parte degli agroecosistemi tradizionali, di cui i GIAHS sono un esempio. Il loro approccio agricolo e paesaggistico consente una maggiore protezione da fenomeni atmosferici come gli uragani, una maggiore resilienza rispetto ai cambiamenti climatici. La resilienza rispetto alla crisi attuale è legata alla progettazione di una nuova agricoltura che può svincolarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili in modo da creare degli agrosistemi a basso impatto ambientale. L’ostacolo principale oggi è l’economia capitalista, il sistema alimentare controllato da grandi multinazionali che non permettono la crescita dei piccoli produttori. L’economia capitalista non tiene in considerazione le esternalità ecologiche, è questo il punto cruciale: la collettività non può più pagare questi costi”.
Roberto Ricolfi, presidente di Link2007 ha parlato della necessità di fare un salto di scala: “Non è sufficiente fare questo tipo di progetti per piccole comunità, questo approccio deve diventare mainstream per creare dei sistemi alimentari sostenibili” come confermato da Marta Messa, direttore di Slow Food Europa: “Anche le politiche plasmano il paesaggio: gli incentivi determinano il numero di agricoltori attivi e condizionano le loro scelte in termini di pratiche colturali e di allevamento, dobbiamo uscire dal ghetto, parlare agli altri e anche fare in modo che le politiche determinino questo tipo di sviluppo”.
Il Convegno che ha concluso Terra Madre Salone del Gusto è stato anche il momento di approfondimento finale del progetto “Building Capacity” ed è stato preceduto da quattro webinar, tutti finanziati da AICS e ospitati dalla piattaforma di Terra Madre, destinati alla rete Slow Food nel mondo che hanno coinvolto il professor Agnoletti come responsabile del progetto e altri dodici relatori a livello internazionale, negli ultimi decenni c’è stata un’attenzione sempre crescente ai sistemi alimentari tradizionali che si sono sviluppati nel corso dei secoli e si sono basati sull’interazione dell’umanità con la natura, considerati unici per le interconnessioni con la biodiversità locale, la produzione alimentare tradizionale e la cultura dei territori rurali, attualmente ne esistono ben sessantadue sparsi in ventidue paesi del mondo.
