I RACCONTI DI MARINA SALUCCI – L’ALTRA CITTA’ (SECONDA PARTE)

Il racconto a puntate sulla storia di Isolina, una ragazza in vista ad un parente ricoverato in un ospedale psichiatrico

Seconda parte del racconto a puntate di Marina Salucci che ci parla della storia di Isolina, una ragazza che si reca in visita in un Ospedale Psichiatrico dove è ricoverato Walter, un suo parente, e che scoprirà un mondo di cui non era a conoscenza. Qui potete leggere la prima parte: https://limontenews.wordpress.com/2023/02/25/i-racconti-di-marina-salucci-laltra-citta-prima-parte-2/

L’ALTRA CITTA’ – Seconda parte

C’era un bel fresco, un po’ per le piante, un po’ per la temperatura tenuta a bada dai condizionatori, e tante panchine di marmo delicato, ognuna divisa dall’altra da vaschettine a zampillo.

Era così piacevolmente sorpresa che stava per esternarlo alla signorina, ma quella la precedette, con il suo tono professionale: -La prego, attenda qui un attimo, il braccio teso verso una panchina. Poi si avviò a passo sostenuto sullo scalone di marmo, mentre Isolina rimase lì a guardare tutta quella gente che andava, veniva, talora sostava per brevi colloqui, tutti vestiti come lei o come chiunque altro.

Ecco, uno pensa al manicomio come al più infimo dei gironi della dannazione, si dice povero zio Walter che destino, e invece avevano ragione i professori, non c’è differenza, è come essere a casa, meglio che a casa, vedrete come si troverà bene.

Vicino a una pianta che assomigliava ad una palma si erano fermati un uomo ed una giovane donna con in mano cartelline colorate. Nel loro parlottare fitto ed allegro ad Isolina parve di intendere una frase che più o meno suonava così “Sempre in forma, eh, il signor Badini” e dopo un’altra che, all’incirca, poteva corrispondere a questa “Certo, e che organizzatore!”

Seduta su quel marmo lucido e venato da sottili striature scure, aguzzò le orecchie per intendere ancora qualcosa, ma i due, presisi a braccetto, sfumarono su per lo scalone: quello che Isolina riuscì ancora a sentire fu solo il tacchettio delle scarpe della donna, quei tacchi un po’ spigolosi ch’erano la moda dell’estate.

Ora, si disse, poteva anche esserci un altro signor Badini oltre allo zio, questo era pur logico. Poteva magari essere un medico o un dirigente dell’ospedale. Perché se invece era proprio lui, che cosa mai poteva organizzare il degente di un ospedale psichiatrico?

Vide la signorina tornare verso di lei con un breve sorriso, già stava per chiedere spiegazioni, quando lo sguardo le cadde su di una bacheca ai lati della porta d’ingresso, dove si leggeva:”Si organizza torneo aziendale di scopone” e allora pensò che lo zio, patito com’era sempre stato per quel gioco, senz’altro s’era intrufolato nell’organizzazione (che metodi, che metodi innovativi!) e con tutto il tempo che era dalla sua, chissà che bel lavoro aveva fatto. In quanto al termine “aziendale” lo trovava decisamente fuori posto, ma decise che faceva parte della strategia, del metodo di cura, forse la parola ospedale non doveva essere nominata.

E poi era solo un particolare, mica era il caso di ostinarsi.

La signorina le era davanti, in mano non aveva più le caramelle alla menta, ma un mazzettino di fiori di un forte azzurro: lo porse ad Isolina che la guardava perplessa. Alzò il mazzo quasi davanti al suo naso e, poiché questa non si decideva a prenderlo, le disse che quei fiori glieli mandava lo zio e che la stava attendendo.

Si ritrovò con il mazzo in mano a seguire l’altra su per lo scalone lucido, pensando non senza stupore che la quota per la degenza doveva essere ben alta se vi erano comprese quelle finezze e cominciò a temere sulla possibilità della famiglia di farvi fronte. Probabilmente il padre non le aveva detto nulla per non farla sentire in obbligo di contribuirvi.

Stavano percorrendo un lungo corridoio, sulla sinistra comparivano porte di fine noce dove erano scritti nomi su targhe eleganti. Il nome del degente, pensò Isolina, ma che lusso, ma che armadi, ma che servizi… E tutto così naturale, lontano dagli odori dalle atmosfere e dalle etichette degli ospedali.

Marina Salucci

Continua

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Pubblicato da limontenews

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