Un racconto che ci parla di chi arriva in città pieno di speranze per il futuro

Un nuovo appuntamento con i sempre apprezzatissimi racconti di Marina Salucci che questa volta ci propone Avoneg, un testo che a partire dal nome, che è quello di Genova al contrario, racconta le esperienze di una persona che arriva in città con tante speranze, che spesso vengono deluse.
AVONEG
Ad Avoneg si arriva dal mare.
Un golfo azzurro ti dà il benvenuto con un porto vociante e placido, e la città si spalanca, alta sulle colline, planando sull’acqua che tutta la riflette.
L’uomo arrivò un mattino. Il cielo era di vetro e i palazzi alti tremolavano nel mare e poi si ergevano a conficcarsi nel sole caldo. Subito cercò il cuore di Avoneg, quello che si narrava fondere genti diverse in un unico respiro, e merci e voci e fiori, colori, sorrisi. Ma trovò solo cunicoli bui, dove il sole spariva, e occhi tetri e pieni di disprezzo o di paura.
Questa è Avoneg?, si chiese con il respiro rotto dal dolore.
Questa è Avoneg?, chiese a un passante che continuò per la sua strada.
Decise di andarsene, ma trovò inferriate alte e nere che gli sbarravano la via. Si mise a correre, e le inferriate correvano più di lui, avanti e sempre avanti e la loro punta acuminata era minacciosa.
Il viandante correva e piangeva. Poi sentì un rumore, forse un battito d’ali, e guardò in alto. Ecco le alte torri slanciate bagnate di sole, le stesse che al suo arrivo lo avevano allettato con promesse.
Ora ho capito: devo soltanto tornare indietro. Avoneg altro non è che parvenza, il fantasma di se stessa, promessa di ciò che non c’è.
Ripercorse i suoi passi, con calma, senza paura.
In porto c’erano molte navi.
Ne scelse una: e non tornò mai più.