
Primo appuntamento del nuovo anno con i racconti di Marina Salucci che ci narra questa volta la vicenda un po’ surreale di un pittore e di una piantina comprata nella piazza di una località balneare, con sorpresa finale!
IL FIORE ALLA FINESTRA
C’era una volta un pittore.
E se la narrazione va a capo in modo così netto, lasciandolo tutto solo nella prima riga, vuol dire che il pittore era davvero molto solo e triste, e viveva in una casa che s’era rattristata anch’essa, perché il pittore lasciava sempre le finestre chiuse, se ne stava in camera sua a fissare il soffitto, a volte leggeva qualcosa, pensava pensava e non parlava con nessuno.
Un tempo le cose erano state diverse, quando il pittore era arrivato lì con la sua compagna. Lui dipingeva e lei cantava, lei scappava e lui la rincorreva, lei scherzava e lui scherzava di più. E nei suoi quadri il colore sfavillava così potente che illuminava tutta la casa.
Per un po’ le cose andarono avanti così chiare. Ma poi la compagna del pittore, cominciò a scherzare meno, a ridere meno, a non scappare più. Cominciò anche a rimproverare il pittore. E lo rimproverava per quello che era. Perché lui era mezzo uomo e mezzo pittore, era mezzo allegro e mezzo triste, mezzo chiaro e mezzo scuro, mezzo buono e mezzo cattivo. Proprio come tutti noi.
La sua compagna arrivò a criticare la sua casa che odorava di colori e di diluente, a rimproverargli di essere sempre attaccato alle tele, e gli disse anche che non avrebbe mai combinato nulla.
Il pittore sentì profonde ferite nel suo corpo e nel suo animo, e avrebbe voluto reagire, ma quella donna così bella gli sembrava indispensabile, gli sembrava la cosa più importante della terra.
Cominciò a pensare che la sua compagna avesse ragione, e detestò i suoi colori, le sue tele, i suoi diluenti. Per non farla andare via, poiché di questo aveva paura, lentamente il pittore non dipinse più. I tubetti diventarono secchi, le tele furono ammonticchiate, l’odore di diluente svanì con il vento dell’est.
Ma lei andò via ugualmente.
Il pittore rimase lì solo a macerarsi nel dubbio di avere sbagliato, di aver perso quanto di più caro aveva e gli pareva di essere stato sciocco ad inseguire il sogno di diventare pittore, e non sapeva che lo era davvero.
I giorni passavano e la casa si riempiva di polvere, le stagioni passavano e la casa era buia e spenta. Il pittore aveva chiuso tutti i suoi pennelli e i suoi colori in uno stanzino e non li voleva più vedere. Addossava a loro la perdita della sua compagna.
All’inizio qualche amico lo andò a trovare e gli disse che non aveva perso nulla, che cosa se ne faceva di una donna che gli rimproverava di essere ciò che era, davvero non aveva perso nulla. Qualcuno gli disse anche che in realtà lei gli invidiava la sua creatività e proprio per questo l’aveva attaccato, ma quando si è sordi e ciechi (e il pittore era sordo e cieco perché chiuso nel suo dolore) non si vede e non si sente.
E così, chiuso nella dura scorza della sua sofferenza, si arrabbiava con gli altri e diventava scorbutico, e si flagellava, e pian piano allontanò tutti dalla sua casa polverosa. Usciva solo per comprarsi qualcosa da mangiare, la gente lo vedeva e lo salutava, e appena si allontanava lo compiangevano, perché il suo aspetto non era quello che erano abituati a vedere. Il pittore non sembrava più se stesso.
Chissà come finirà, si chiedevano alcuni.
Davvero, chissà, rispondevano alcuni altri.
Chissà…
Ma le stagioni girarono ancora, la primavera finì e arrivò l’estate, un’estate umida e calda, ma così calda che il pittore, dentro alla sua casa buia, iniziò a sudare, e all’inizio non ci fece caso, così corazzato nella sua scorza, ma suda oggi e suda domani, cominciò ad essere insofferente per quel nuovo disagio fisico che si aggiungeva a quello che si portava dentro. Cominciò a smaniare, a imprecare, a prendersela con la sorte.
Poi, una sera, allo stremo del caldo e del disagio, decise di aprire la finestra.
Il pittore abitava in un piccolo paese bagnato dal mare e quella sera dal mare arrivò il vento dell’est, era caldo e umido, ma era vento e volava. Gli portava in volo il mondo, che c’era ancora, il pittore lo sentì sulla pelle, gli sembrò una cosa buona, talmente buona che si ritrovò fuori sulla strada, e in poco tempo arrivò sulla piccola viottola che costeggiava la spiaggia.
Era l’ora della cena, c’era poca gente in giro, il pittore ne fu contento ed iniziò a guardare il mare. Il sole vi stava colando addosso e la luce era bella.
Arrivò poi nella piazza ed anche lì arrivava la luce gialla e rossa del sole che scendeva col suo carro. La piazza era deserta, così sembrò al pittore, invece ad un certo punto sentì una voce, scusa, siniore, scusa, diceva la voce, era un accento inusuale, il pittore si voltò e vide un ragazzino dalla pelle ambrata, e vide la sua mercanzia stesa in un tappeto sulla piazza.
1 – Continua
Una opinione su "I RACCONTI DI MARINA SALUCCI – IL FIORE ALLA FINESTRA (PRIMA PARTE)"