
Un nuovo appuntamento con i racconti di Marina Salucci, questa volta ecco Angeli di neve, una storia dalle atmosfere sognanti e favolose, ambientata in un surreale aeroporto del Nord Europa con un finale arcano.
ANGELI DI NEVE
-Ma quanto ci vorrà ancora?
La voce dell’uomo tradiva disagio e spaesamento.
-Non glielo so dire, rispose l’assistente di volo, ma non si preoccupi, le assegneremo una stanza . Le teniamo apposta per queste evenienze.
-Una stanza? Ma allora è una cosa lunga, ma allora…
-No, non è detto, noi le diamo una stanza per riposare, fosse soltanto una mezz’ora…
Intorno continuava il via vai di valigie e persone. Il grande cartellone delle partenze non faceva che sputare cancellazioni.
-Ma più o meno, secondo lei, quando si potrà ripartire? Ne avrà pur viste situazioni simili, può dunque fare un previsione, una stima.
L’assistente guardò il suo interlocutore: capelli bianchi venati di grigio, rughe sulla fronte, aria stanca.
-Vede, rispose, ogni volta è diversa dall’altra, per questo non facciamo previsioni. Non dubiti però della nostra efficienza.
Dalle grandi vetrate arrivava la luce della neve che cadeva fitta da molte ore: il grande aeroporto del nord era bloccato. Nel silenzio d’ovatta i fiocchi chiarissimi mossi dal vento formavano parvenze strane, luminosissime.
Ogni volta è diversa dall’altra, la frase risuonava nella mente dell’uomo.
Arrivò l’hostess che lo accompagnò. Tentò di sapere qualcosa di più, ma anche lei, con gentilissimo sorriso, gli disse che non era possibile fare previsioni, perché ogni volta era diversa. Le tempeste di neve cambiavano.
-Venga, prego, entri. E gli aprì una porta lucida. Buonanotte.
-Buonanotte? Ma allora, allora…
-Buonanotte nel caso dovesse pernottare, ma non è detto, si tranquillizzi, magari fra mezz’ora il suo aereo decollerà, chi lo può dire, comunque qui è in buone mani. E sparì al chiudersi sommesso della porta.
L’uomo si lasciò cadere sulla poltrona come un sacco: dalla grande vetrata i contorni del paesaggio sfumavano e l’aria era vivida di neve. Nell’aria chiara i fiocchi volteggiavano, sembravano ali, angeli, angeli di neve.
Accese il televisore, cambiò canale, ma nella testa c’erano sempre gli stessi pensieri. Quando partiremo? E che cosa significa che ogni volta è diversa?
Andò in bagno. Si lavò il viso, si vide allo specchio. Si trovò vecchio. Era successo in un attimo. Guardò la neve dalla vetrata. Risplendeva. E ad un tratto si ritrovò nella mente il pensiero di lei. Lei che era stata così importante, e che spesso gli diceva che ogni situazione è diversa, che non si possono fare previsioni, occorreva valutare, attendere. Lui invece preferiva gli schemi fissi, sicuri, i cammini certi. Erano molto diversi, forse per questo se n’era andata? E lui non aveva combattuto, non le aveva dimostrato il suo amore. Quanto aveva sbagliato… Sentì una grande nostalgia, e pensò a come sarebbe stato bello rivederla, sentire il suono della sua voce.
Si passò la mano sulle guance non più floride, sulle rughe della fronte, sulla barba non fresca di rasatura.
Perché aveva accettato quella trasferta, così pesante, così lontana… Perché non si era ritirato prima da quel lavoro onnivoro, che non gli lasciava mai il tempo per pensare, per capire… E tanti pensieri gli si aggrovigliavano nella testa.
Finchè il rumore secco della porta smaltata lo fece girare. Era una schiena di donna, con un elegante cappotto morbido..
Quando si girò, l’uomo gridò un nome. Era il nome di lei.
-Sei tu? Davvero?, chiese con una gioiosa speranza.
-Sì, sono io, rispose lei con un sorriso di tenerezza.
-Pensa che… proprio qui, proprio ora, pensavo a te, a noi, a quello che avrebbe potuto essere e non è stato, e mi apparivano chiari i miei errori, e avrei voluto dirtelo, ma non c’eri…
-E invece eccomi, sono qui, disse la donna, e gli si avvicinò..
-Sai, ricordo che tu mi avevi detto che non ci saremo più rivisti in questa vita.
La donna assentì col capo, un sorriso accennato, complice.
-.Appunto, disse.
Poi gli porse la mano. L’uomo la strinse. Uscirono dalla grande vetrata. I passi si fecero leggeri, come non ci fosse più gravità. I fiocchi erano grandi e chiari, e il vento li faceva volare intorno a loro. Anche a loro sembrò di volare.
Erano ali, parvenze. Erano angeli di neve.