I RACCONTI DI MARINA SALUCCI – DUE STELLE E UN CAFFE’ (SECONDA PARTE)

La seconda e ultima parte del bellissimo racconto di Marina Salucci Due stelle e un caffè che, con toni fantasiosi e poetici, ci parla di due solitudini che diventano amore. Potete leggere la prima parte qui: https://limontenews.wordpress.com/2022/10/01/i-racconti-di-marina-salucci-due-stelle-e-un-caffe-prima-parte/

-Sa che le dico, aggiunse subito, altro che caffè, adesso ci facciamo una pastasciutta, che ne dice, le va bene? Buttiamo due spaghetti, e poi troviamo qualcos’altro da mettere in tavola, con tutto quello che ho comprato oggi…

Lei disse:- La pasta è meglio del caffè. A casa mia avrei fatto lo stesso. Se vuole posso andare a prendere del sugo, l’ho fatto ieri.

Lui obiettò: -No, no, ho comprato del pesto artigianale, sembra roba buona, lei stia pure lì che faccio tutto io!, e si affaccendava contento.

Lei pensò:- Si sta bene insieme a un uomo che ride e parla in sintonia, che prepara la pasta anziché il caffè, che trova il modo di dare un senso a sporte insignificanti,

Lui pensò:- Si sta bene insieme a una donna così spontanea e allegra, non l’avrei detto quando la vedevo passare, e invece… che bella avventura una pastasciutta…

In breve gli spaghetti furono cotti e dunque s’adagiarono nello scolapasta. Dal lavello si levò una nuvola di vapore caldo che aleggiò intorno, nascose il viso di lui, lei lo vide sparire come in un incantesimo, poi la nuvola densa si dileguò, il pesto fu diluito, i visi e le cose ebbero di nuovo la loro forma, l’aroma si sparse per la cucina, e le forchette già scalpitavano.

Divorarono la pasta ridendo, poi altre leccornie, con eloquio sciolto e battute pronte, le parole ora uscivano senza doverci pensare, e sembrava ce ne fossero tante che volevano essere dette.

Arrivò il caffè brontolando sommessamente.

Dopo aver sparecchiato lui chiese: -Sa, in dispensa c’è un vecchio telescopio, lo vado a tirare fuori?

-Certamente, rispose lei entusiasta che la serata si potesse prolungare, dovremmo riuscire a vedere Pegaso, e se siamo fortunati anche Cassiopea e Andromeda.

Aprirono la finestra ed era un incanto. Non c’era nessuna luce e le costellazioni che erano pallide dall’altra parte, da quel lato erano chiare e nitide.

Lui disse: -Ecco, ora puntiamo su Pegaso, venga, dovrebbe esserci ancora, ecco, ecco, guardi.

Lei andò, lo vide, esclamò per il nitore, cercò altre costellazioni, si passavano il telescopio, stupivano, gioivano. Andarono avanti ad esplorare tutto il cielo. Volarono come volava Pegaso, fra le storie di crudeltà e quelle d’amore, fra gli dei e gli eroi, e sembrava che anche loro avessero messo le ali.

Lei disse: -Quante cose contiene il cielo, come faranno a starci tutte, anche i nostri pensieri salgono su, non tutti sono luminosi, eppure il cielo continua sempre a brillare.

Lui rispose: -E’ proprio per questo che è bello, ci stanno dentro tante cose, è un impasto di infinito che accetta tutto, e non perde la luce.

Lei disse: E’ una frase meravigliosa, non ci avevo mai pensato.

Neanche lui ci aveva mai pensato, gli era venuto fuori nell’emozione del momento.

La notte saliva e l’aria si rinfrescava.

Lei si strinse nelle braccia.

Lui le offrì un golfino di lana morbida. Chiusero la finestra.

La casa odorava ancora di pastasciutta e di calda intimità serale.

Né lei né lui vi erano più abituati. Il cielo non se n’era mai andato, il calore umano in fondo c’era sempre stato, ma la paura, le sofferenze del passato, che brutti scherzi avevano giocato… Avevano scelto la solitudine come compagnia per non soffrire.

Ma ora, quella sera, pareva così bello, tanto bello che la paura non formicolava più, e forse davvero era diventata un uccello dalle lunghe piume, e se ne era andata a volare lontano, lontano, nelle stelle dell’altro emisfero, e forse ancora più in là.

Poi venne il momento di riporre il telescopio.

– L’aiuto, disse lei.

Lui approvò e si girarono nello stesso momento, la stessa rotazione di corpi, braccia e mani, in modo che una mano toccò l’altra, un braccio un altro braccio, e i corpi si sfiorarono.

Non si sarebbero forse cavati d’impaccio, ma il telescopio in quel parapiglia pensò bene di cadere, ed entrambi cercarono di afferrarlo. Lei lo acchiappò, ma era pesante davvero, e la portò ad atterrare sul parquet, e lui vi arrivò un attimo dopo.

E a ritrovarsi una addosso all’altro successe che mentre cercavano di alzarsi le mani si intrecciarono, e poi descrissero percorsi, e furono carezze brividi silenzi parole, pelle che parla, archi che si tendono, occhi che brillano nella reciproca conoscenza e fusione.

Due corpi, due persone vive, che pulsavano di emozioni, di sentimenti, con una storia tutta da scoprire.

Le stelle camminarono nel cielo, le costellazioni ruotarono, cambiarono gli dei e gli eroi. Sorse poi la stella del mattino. Da est si levò la luce fioca e sublime che sta fra la notte e il giorno, la luce in cui sfilano veloci tutti i colori dell’anima.

Si svegliarono. Furono felici di guardarsi e di potersi confermare che erano ancora lì, che da due sacchetti da buttare fosse nata una notte di stelle. Lessero la gioia negli occhi l’uno dell’altra. Poi si vestirono, ognuno aveva qualcosa che lo aspettava.

Dunque furono sulla porta.
Nel momento del congedo lei fu assalita dalla paura, che era tornata alla carica. Si chiese come sarebbe andata quella storia, se il domani avrebbe dispensato ancora stelle, o il cielo sarebbe mutato in tempesta.

Anche lui sentì il vuoto del distacco, e in quel vuoto la paura si infilò. Erano stati vicini, felici, e ora, ora che sarebbe successo? Sarebbero andati avanti su quella strada, oppure si sarebbero trovati di nuovi sbalzati, lontani, di nuovo estranei?

Si guardarono, lessero negli occhi le paure reciproche. Entrambi capirono che c’erano storie che avevano lasciato un segno. In quel lungo sguardo si sentirono simili, rincuorati, vicini.

Pensarono all’unisono che non c’era un copione già scritto, che valeva la pena provare.

-Ci vediamo domani?, chiese lei.

-Certo, rispose lui, e l’entusiasmo gli faceva vibrare la voce. Dove?

Lei ci pensò un attimo, poi disse:- Facciamo dai bidoni, sotto le lampade. E ridacchiava sorniona.

Lui rise entusiasta di quella donna dagli occhi cielo-lampada. I suoni delle risa riempirono il silenzio delle scale.

Poi si salutarono abbracciandosi.

Il domani era tutto da scrivere.

Pubblicità

Pubblicato da limontenews

Il magazine di informazione, cultura, eventi e sport dalla Liguria e dal Basso Piemonte

Una opinione su "I RACCONTI DI MARINA SALUCCI – DUE STELLE E UN CAFFE’ (SECONDA PARTE)"

  1. Buongiorno lettori! Se qualcuno di voi vuole lasciare un commento sui miei racconti, interagire, criticare, disquisire, è davvero ben accetto!

    "Mi piace"

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: