
Marina Salucci scrive questo bellissimo racconto breve sul tema purtroppo molto attuale della follia della guerra, con la speranza, però della pace e della fratellanza tra nazioni e popoli, simboleggiata da un fiore, simbolo della primavera e della rinascita, nella speranza che possano tacere le armi il prima possibile.
LA PACE IN UN FIORE
Ed entrò nel bosco.
Era una nicchia quieta, dai sentieri ondulati e silenti. Tutto il mondo, la sua follia, restavano fuori. Sui rami nudi, le gemme stavano per esplodere. Sui cigli c’erano i primi ciuffi d’erba soffice, dal verde abbagliante. La primavera andava avanti, sarebbe tornata ancora.
Davvero?
Con un sibilo di vento le arrivò il pensiero della guerra. Era arrivata, con le sue ali di morte. L’uomo c’era caduto ancora. Nel sangue che ribolle e chiede il sangue dell’altro. Ma l’altro è un fratello. Perché si era rinnovato il delitto antico?
Perché la paura era diventata rabbia, rabbia che sibila nel vento, che mitraglia, che schiaccia, che distrugge gli anni di pace del calmo vivere quotidiano, quello in cui si intessono gli affetti?
Pensò a quanto fosse antico il gesto fratricida, che devasta l’animo. A quanti se ne erano macchiati. C’era una via di scampo? Perché coloro che avevano intessuto parole di pace sincere, che si erano fatti guida ed esempio, non erano stati ascoltati, perché l’uomo continuava ad accanirsi sul fratello?
Le domande andavano veloci, ma le risposte erano difficili.
Il sentiero si arrampicava, e dopo una curva apparve una radura. C’erano fiori gialli, carichi di luce ed energia buona. Sostò a guardarli. Lo stelo era alto ed esile, ma la corolla era prodiga di petali e smagliava nella radura. La luce di quel fiore emanava qualcosa che parlava al cuore. Erano messaggi senza parole, ma lucidi e chiari.
Pensò che nella natura c’è la saggezza e la pace che l’uomo smarrisce.
Pensò che a guardare un fiore la sua luce ti entra dentro.
Forse, finché un fiore sboccia, si può nutrire la speranza.
Marina Salucci