
Dalla Liguria al Piemonte scoppia la rivolta dei cittadini contro l’Ordinanza del Governo che vieta le attività outdoor nei boschi a seguito dei casi di Peste Suina Africana, le disposizioni sono considerate, in massima parte, come eccessivamente restrittive, errate e che rischiano di produrre effetti opposti a quelli desiderati.
In Liguria tramite Facebook è nata la pagina “No al lockdown dei boschi liguri”, che oriprende la tragica parola con cui molti, troppi governi, hanno limitato le libertà individuali negli ultimi due anni, lanciando una raccolta firme online per dire basta. La lettera è indirizzata al Presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, al Ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli e al Ministro della Sanità, Roberto Speranza.
Nel testo della lettera si dice: “Come Cittadina/o ligure/italiana/o, voglio esprimere tutta la mia indignazione per le decisioni prese e calate dall’alto in materia di contenimento della peste suina che impongono di fatto un lockdown dei boschi dell’entroterra ligure. Limitare il lavoro e il tempo libero di tutti cittadini italiani (poiché i nostri boschi rappresentano un territorio non frequentato solo dai liguri) e mettere in pericolo l’economia di interi comuni allo scopo di difendere gli allevamenti intensivi è una misura inaccettabile, senza alcuna logica e totalmente fallimentare. Infatti, siamo al corrente che cinghiali potenzialmente infetti sono già dispersi su tutto il territorio regionale e oltre, proprio a causa della caccia in battuta o braccata, attualmente in corso, che è la prima causa di rapida diffusione della peste”.
Dalla Liguria al Piemonte, dove è diventata virale la protesta, nata anche questa sui social, questa volta Instagram, dell’imprenditore agricolo, runner e scrittore di Gavi, Gianluigi Mignacco, che ha postato qualche giorno fa un video sul suo profilo personale dove spiega tutta la situazione. Cominciando dal fatto che, nel 2017, il lavoro della sua azienda agricola, oltre cento quintali d’uva e tremila piante, sono state perse a causa di una grandinata, e, nonostante le promesse da parte della politica non c’è stato nessun aiuto. In tutti questi anni lui e altri imprenditori, spiega, hanno avuto danni da cinghiali e, nel 2021, a causa degli ungulati, è stato perso circa il 30 per cento del raccolto. Il danno, inoltre, non è stato ancora riconosciuto da nessuno e le aziende hanno intentato una causa civile per avere un risarcimento dei danni subiti. In questi anni hanno segnalato i danni dai troppi cinghiali, sentendosi rispondere, da parte degli addetti, che non è vero! Oggi, conclude Mignacco, dopo la scellerata ordinanza governativa, priva di ogni fondamento scientifico, che blocca il territorio, dice chiaramente che si è rotto. Mignacco ha fatto un gesto simbolico, violando l’ordinanza camminando nei boschi e lanciando l’hashtag #venitemiaprendere