
Un bel racconto breve di Marina Salucci che riflette sul nostro presente, tra violenza, mancanza di onestà e culto del denaro, ma dove possiamo cercare il nostro rifugio negli angoli di bellezza, con parole finali del grande scrittore ligure Italo Calvino:
QUALCOSA CHE INFERNO NON E’
In questo presente che si sfoglia io mi sento sempre più aliena.
Non mi piace il modo in cui il pianeta ha preso a rotolare. Sempre più di fretta, sgomitando e premendo l’acceleratore. Senza pensare. Un mondo in cui la violenza aumenta, e fa sempre meno notizia. In cui l’onestà viene derisa, e sull’altare c’è rimasto solo il dio denaro. Un mondo che ai giovani non sa offrire che tecnologia alienante, che fatica a dar loro ascolto, affetto, educazione. E i giovani hanno perso la passione della gioventù.
La scuola e la famiglia spesso rinunciano alla formazione. Non riescono. Si arrendono davanti alle difficoltà.
Non abbiamo più sdegno, coraggio, stupore. Per il pianeta che languisce nei veleni, per i diritti calpestati, per quelli negati con arroganza. Per gli intrighi dei poteri forti, che nell’ombra tramano confidando nella nostra cecità.
Tutto questo mi porta alla ricerca di nicchie ricreatrici. Me le ritaglio e mi beo di bellezza. L’arte, la musica, la lettura e la scrittura. Mi risanano e mi fanno le cellule nuove. E poi mi immergo nella natura. Il bosco, la campagna, il mare. Che accolgono anche i pensieri bui, e li stemperano fino a farli sparire.
Cerco qualcosa che non sia inferno, e lo trovo sempre. E poi cerco ampliarlo, di condividerlo, in modo che si rigeneri e possa accogliere e stemperare altri pensieri.
Ed è per questo che condivido con voi le parole di un grande maestro, parole che ci offrono una ricetta di vita nel nostro lungo presente malato.
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui: cercare e sapere riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. (Italo Calvino, finale de “Le città invisibili”.)