Oggi è Giovedì Grasso di Carnevale, giornata che, in molte zone è chiamata “Berlingaccio”. Questo termine deriva dall’antico termine francese “berlengo” che significa tavolo da gioco, diventato poi berlanc, il termine a sua volta sembra derivare dall’etimo germanico “bredling” ovvero assicella.
Il termine Berlingaccio è tuttavia limitato ad alcune zone d’Italia, soprattutto in Toscana nella zona compresa tra Firenze e Arezzo, ma nel tempo ha sconfinato dalla Toscana, diventando di uso comune per indicare il Giovedì Grasso anche in Liguria, Emilia Romagna e parzialmente in Piemonte.
Il Giovedì Grasso è stato sempre simboleggiato con la ricchezza, l’abbondanza e l’opulenza al punto che esiste il detto “Parere un Berlingaccio” per indicare una persona dall’aspetto florido e piuttosto in carne proprio come la maschera del Giovedì Grasso.

Il dolce tipico del Berlignaccio è il berlingozzo, un dolce al forno dalla forma di ciambella consumato già nel Cinquecento, di cui sembra fosse particolarmente ghiotto Cosimo I De Medici, il primo Granduca di Toscana. Il berlingozzo viene preparato con rossi d’uova, farina, zucchero, lievito, scorza grattugiata di limone o arancio, burro e un po’ di latte.
Ma il Berlingaccio pochi anni fa è diventato famoso in tutta Italia involontariamente per una celebre gaffe televisiva del compianto gastronomo Beppe Bigazzi che, alla trasmissione “La prova del cuoco” parlando del Giovedì Grasso citò un popolare detto ottocentesco “A Berlingaccio chi non ha ciccia ammazzi il gatto”, ovvero che, vista la povertà di molti contadini, per ottenere della carne nel giorno del Berlingaccio si poteva uccidere il gatto e mangiarlo! La gaffe, che in realtà descriveva la povertà dell’epoca, suscitò moltissime critiche in particolare dagli animalisti e diventò in poco tempo un autentico fenomeno su Internet con moltissime parodie in merito.
