CIA Agricoltori lancia l’allarme, il peperoncino italiano rischia letteralmente di essere schiacciato dalla concorrenza dei peperoncini cinesi, che costano fino a cinque volte meno.
In Italia c’è grande richiesta da parte dei consumatori ma la produzione nazionale copre appena il 30 per cento del fabbisogno, gran parte dell’importazione avviene da paese extra-UE come Cina, Egitto e Turchia.
Le importazioni extra-UE stanno mettendo in crisi il settore a causa dei prezzi molto convenienti accompagnati però da un basso standard qualitativo, con prezzi che arrivano ad essere cinque volte meno di quelli nazionali.
Il mercato del peperoncino, tra i simboli gastronomici italiani, è in crisi denuncia Cia Agricoltori Italiani, e necessita di una filiera di qualità superiore, innovativa e integrata.
Il problema è legato ai prezzi non concorrenziali rispetto ai paesi di importazione, in Italia da 10 chili di peperoncino fresco si ottiene mediamente 1 chilo di prodotto essiccato, macinato in polvere pura e commerciabile a 15 Euro. Il prodotto analogo della Cina costa solamente 3 Euro ma è risultato di tecniche di raccolta e trasformazione molto grossolane, con la piantina che viene interamente triturata, compresi picciolo, foglie e radici, con conseguenti pochissime garanzie di qualità e requisiti fitosanitari molto diversi da quelli europei.
La polvere di peperoncino per sua natura può essere facilmente sofisticata, anche quando il peperoncino viene importato fresco o semilavorato da paesi extra-UE la sua qualità viene compromessa dall’utilizzo di numerosi conservanti.
L’elevato costo del peperoncino italiano e di produzione europea, sia fresco che trasformato, è dovuto da una parte all’incidenza della manodopera e alle procedura di trasformazione altamente professionali.
Secondo CIA occorre quindi venire incontro alla domanda sempre crescente dell’industria alimentare, valorizzando maggiormente e tutelando un prodotto che grazie al microclima e alle caratteristiche orografiche del terreno trova nel nostro paese l’ambiente ideale per la sua coltivazione.
Emanuele Aimè, socio CIA e vivaista di Altavilla Monferrato, specializzato nella coltivazione di peperoncini fa presente: “In Cina non ci sono formulari per i gli anti-parassitari come in Italia, dove abbiamo molte restrizioni, mentre lì i residui sono notevoli. Alcune varietà, come la Filippo Argenti coltivata a Sanremo che diventerà probabilmente la più piccante al mondo, sono molto apprezzate anche da chef famosi per le caratteristiche di aromi e retrogusto. Senza scordare il famoso Diavolicchio calabrese, coltivato a Diamante. La terra, il clima, l’aria fanno la differenza: con questo, i paesi esteri non possono competere con l’Italia”.
