Recentemente l’Unione Europea ha lanciato la campagna “Become a beeftarian”, per incentivare il consumo di carne. Slow Food spiega che questo messaggio è estremamente sbagliato, in quanto non fa differenza sulla qualità e la provenienza delle carni.
La campagna di Slow Food è invece mangiamo poca carne ma mangiamola buona, scegliendo quella che proviene dagli allevamenti estensivi, dove il rapporto tra uomo e animale e il benessere degli animali stessi vengono prima della produttività e della resa.
L’allevamento animale, dove esiste un numero limitato di animali ai quali viene garantita la possibilità di pascolare e di vivere secondo i bisogni della propria specie sui prati, svolge un ruolo fondamentale nel sequestro del carbonio e per il ciclo dell’acqua, recenti lavori con i produttori hanno infatti dimostrato che le emissioni generate dagli allevamenti estensivi, di piccola e media scala, dove gli animali sono alimentati con foraggi e fieni biodiversi, senza mangini iperproteici, hanno emissioni molto più basse rispetto a quelle dove la carne è prodotta in modo convenzionale.
Viceversa gli allevamenti intensivi, dove gli animali sono il frutto di selezioni spinte e vengono nutriti con soia e cereali, quasi sempre Ogm, trattati per non farli ammalare a causa dell’affollamento degli allevamenti e dell’indebolimento causato dalle loro condizioni di vita innaturali, le emissioni risultano decisamente maggiori.
Slow Food fa presente che, vista la netta differenza tra i tipi di allevamento, non si può mettere sullo stesso piano le stalle con migliaia di capi e le piccole aziende agricole che ne allevano al massimo un centinaio, al pascolo, con un presidio del territorio e svolgendo servizi ecosistemici.
Il cambiamento deve avvenire un poco alla volta, ma è urgente e necessario avviarlo, il sistema produttivo europeo va riconvertito, iniziando, un poco alla volta, a decrescere, sostenendo chi vuole migliorare le proprie aziende in senso ambientale, invece finanziare la promozione della carne tout court è incomprensibile e rischia di essere diseducativo per i consumatori.
Gli allevamenti incidono anche sull’inquinamento, il sistema alimentare genera da solo infatti il 26 per cento delle emissioni globali di gas serra e di queste il 75 per cento è dovuto all’allevamento del bestiame, in cui viene compresa la produzione di mangimi e la destinazione di uso dei terreni.
