Recensione a cura di Marina Salucci
Questo romanzo storico (un capolavoro!) dove non c’è nulla d’inventato, scava nella vita di Mussolini e di chi gli stava intorno, illuminando le zone d’ombra di una storia che credevamo di conoscere bene. Lo fa con una prosa secca, tagliente come una lama, ma piena di passione e di potenza espressiva.
Scurati ci narra il primo atto del dramma del fascismo, quello che va dal 1919 al 1925. La scena si apre sulla fondazione dei Fasci di Combattimento, a Milano, fra i reduci, gli arditi, i mutilati. Tutti coloro che durante la guerra hanno dato tutto e non hanno avuto niente. Mussolini, cacciato dal partito Socialista, fiuta la loro rabbia violenta, e la adopera per i suoi fini. Perché a lui non importa come e con chi. Lui vuole primeggiare. Vuole il potere. A qualsiasi costo.
Sono sei anni scarsi, ma densi di personaggi e avvenimenti, che sembrano irreali, frutto della stravaganza di un registra eccitato. E invece sono veri, e M un po’ li avvicina e un po’ li allontana. Dipende da quanto gli possono fare comodo. Tutto qui. Avvicina e allontana D’Annunzio, che si lancia nell’esaltata impresa di Fiume, e poi Marinetti, il futurista eccentrico, e collaboratori, fiduciari, colleghi. Amici.
M trama affinché il suo movimento diventi forte, e possa contrastare la sinistra. Ma alle elezioni del 1919 il partito Socialista stravince.
Il popolo aspetta la rivoluzione. Finalmente. E’ già da un po’ che questa parola vaga nell’aria, e si inneggia a Mosca, l’Eden del proletariato. Ma il Partito Socialista è indeciso, altalenante. Della rivoluzione se ne parla sempre ma non si fa mai. E tutti quelli che la aspettano non si accorgono del grande pericolo, e sottovalutano le squadre fasciste e i loro pugnali che si stanno scaldando.
Scurati ci racconta dunque la consegna dissennata del Paese alla violenza, alla dittatura, con lucidità e forza magistrale. Riesce a farlo senza filtri politici o ideologici, con la sola passione della verità. Che ha un effetto stordente, ci sembra inaudita.
La penna arriva fino al coraggio di Matteotti, al suo sacrificio. Ai deputati che se ne vanno per protesta, e sembra un’azione forte, decisa. Ma M va avanti, a muso duro, e in Parlamento, nel gennaio del 1925, si assume tutte le responsabilità di ciò che è accaduto. “L’Italia, o signori, vuole la pace, vuole la tranquillità, vuole la calma laboriosa; gliela daremo con l’amore, se è possibile, o con la forza se sarà necessario.”
E da allora, agli altri, parlare non sarà più permesso.
Una narrazione stupenda di un passato così vicino al presente. Un monito a tenere alta la guardia e il senso critico. Affinché la Storia non torni a ripetersi.
