Marina Salucci ci porta, quando ormai mancano poco meno di due mesi, all’attesa per il periodo del Natale con il racconto a puntate “Vigilia”, tra le avventure di Lucia, la protagonista e una critica all’attuale società improntata sul consumismo.
Qui potete leggere la prima parte del racconto https://limonte.news/2020/10/19/i-racconti-di-marina-salucci-vigilia-prima-puntata/
Lucia balbettò qualcosa con l’espressione di una bambina colta con la mano nella marmellata. Fra le persone in coda cominciò un vociferio di stizza per quella cliente poco informata che faceva perdere tempo a tutti. Doveva decidere alla svelta.
-Allora, signora, che cosa devo fare?
Il brusio aumentava e Lucia si sentì alle corde.
Ritirò il denaro. Le furono dati dei fogli con i quali dovette andare nell’ufficio apposito. Quando venne il suo turno, acconsentì, per ottundimento totale della volontà, a diventare socia di Prony Tecnic e ad avere diritto a tutti gli sconti, vantaggi, regalie, ed a ricevere a casa il bollettino informativo, per un perfetto aggiornamento. La cerimonia di investitura fu piuttosto lunga.
Quando riuscì ad uscire l’aria fresca la rincuorò.
Domani sera, si tratta soltanto di domani sera, poi inspirò ed espirò lentamente.
Alzò la testa e vide che il cielo s’era fatto limpidissimo. Dal mare erano arrivati placidi gabbiani e sopra alla sua testa spiccava lattiginosa la luna.
Si perse un attimo fra i gabbiani e la luna, chiudendo gli occhi e facendosi sferzare dal vento freddo.
Un clacson deciso e acuto alle spalle spazzò via tutto e la riportò in uno schioccar di ciglia nel parcheggio impazzito della Prony Tecnic.
I gabbiani e la luna, inutilizzati, sparirono e Lucia si spostò e vide passarle accanto un conducente gesticolante.
Mentre si dirigeva verso l’auto al cellulare c’era di nuovo GiovanLuigi.
-Buona vigilia di Natale, amore! Come stai?
-Bene, modulò piano Lucia e senza convinzione, rimanendo in spaurita attesa.
-Vanno bene gli acquisti, amore? Beata te che sei in giro! Senti, cara, mi veniva in mente che non abbiamo pensato al portinaio, e come si fa a Natale a non fare un regalino al signor…al signor…Come si chiama il portinaio, amore?
-Non lo so, disse Lucia ed aggiunse che non le sembrava il caso, che non sapeva se sarebbe riuscita a comprare e a fare tutto.
-Ma amore, compra la prima cosa che ti capita, l’importante è il pensiero. Allora va bene, amore? A stasera, cara. Ah, fece poi, hai messo il cappello?
Il cappello, pensò Lucia, e le venne quasi da ridere. Ma non si era accorto GiovanLuigi del vento che c’era…Sarebbe già finito sotto a qualche auto scalpitante, oppure sarebbe voltato su, su, sempre più su, fino ai gabbiani, fino alla luna, diventando anch’egli corpo celeste, spettatore stupito delle nostre idiozie.
-Allora, hai messo il cappello…
-Sì, disse debolmente Lucia e GiovanLuigi ne fu entusiasta. Lucia salutò.
Dopo aver percorso un chilometro in mezz’ora, arrivò dalla zia.
La zia Vanda, sorella più giovane della madre di GiovanLuigi, non aveva quel che si suol dire un bel rapporto con la famiglia, ma aveva da subito simpatizzato con Lucia. Era vedova da due anni e stava man mano rifiorendo da un matrimonio che era stato una tragedia continua.
Il giorno dopo, vale a dire a Natale, sarebbe partita per un viaggio in America Latina, naturalmente disapprovata da tutta la famiglia, che aveva gridato e stava gridando al sacrilegio, ma a questo zia Vanda non aveva dato il minimo peso.
E così Lucia si era offerta per un’incombenza che andava di traverso un po’ a tutti, quella di visitare la zia prima della partenza. Non certo per fare un favore agli altri. Era che quella visita le risultava gradevole. L’unica cosa in quella giornataccia.
La zia le aprì con larghi sorrisi. Aveva il viso luminoso delle persone soddisfatte di sé e della vita e cominciò a scherzare.
Poi, mentre l’aiutava a sfilarsi il cappotto, si fermò.
-Lucia, disse con aria indagatrice…
-Sii…
-Ma…mi sembra…(si sentiva che la zia era un po’ perplessa, non sapeva se era il caso di parlare o meno)…
Poi si decise ed andò dritta all’osso come la sua indole le dettava:-Lucia, non hai per nulla una buona cera…Che cosa c’è?
Lucia rimase sorpresa, incredula, mogia, un misto di sensazioni delle quali neanche una era piacevole, che la prendevano e la sballottavano, proprio come la musica di Prony, proprio come le auto strillanti, proprio come quella giornata, che era ancora soltanto all’inizio.
-No, no, iniziò Lucia senza rendersi conto che la domanda della zia non presupponeva un sì o un no, non c’è nulla, forse sono un po’ stanca, sai, prima di Natale…E poi, continuò, da Prony c’era una musica ad un volume tale che mi ha fatto venire mal di testa.
La zia la guardò a lungo, non convinta.
-Certo, disse, da Prony sono belli rintronati, a volte li sentiamo fin da quaggiù… Rise.
-E pensa, disse ridendo ancora di più, pensa che una mia amica ha dovuto discutere animatamente con il commesso per riuscire a pagare in contanti. Te l’immagini, ma capisci fino a che punto si sono bevuti il cervello? Gran vantaggio, compri oggi, paghi a maggio…E rideva, rideva di gusto.
Lucia non riuscì a dire che quella cosa era capitata anche a lei ma non era riuscita a spuntarla. Cercò di unirsi alle risa della zia. Ma si rendeva conto di non essere convincente. Allora le diede il pacco, dicendole: Auguri, questo è per te!
La zia si mise a scartarlo con curiosità e Lucia davvero ora sorrideva, perché sapeva che quel regalo era gradito, poiché Vanda era appassionata di vecchi film e qualche tempo prima le aveva confidato di voler comprarsi un lettore di cd.
-Troppo bello, disse la zia quando il lettore fu denudato, come hai fatto a ricordarti, ma guarda te, ma ti sono costata un capitale…E l’abbracciò.
Poi, come se qualcosa l’avesse richiamata ad altro, le chiese: -E dimmi, il principe come sta?
Il principe era il soprannome che fin da bambino la zia Vanda aveva affibbiato a GiovanLuigi, un po’ per i modi del bimbo, un po’ per le eccessive attenzioni e aspettative dei genitori.
-Bene, bene, mi ha regalato un cappello, disse Lucia non sapendo che cos’altro dire.
-Un cappello, un cappello in questa città di vento, che idea, beh, lasciamo stare il principe e prendiamoci un caffè, che ne dici?
Lucia la trovò un’ottima idea anche se precisò che il suo tempo era scarso, perché doveva andare dal droghiere per il dottore, dalle ceramiche per la mamma (di GiovanLuigi), dal supermercato, dalla profumeria, da…
La zia la fermò e le disse di gustare il suo caffè. In fondo non erano cose di vitale importanza. E il principe, perché non l’aiutava, invece di comperare cappelli?
Perché lavorava, fu la risposta.
-Eh, già, lavora sempre.
La guardò ancora:- Senti, Lucia, non sarà a causa di GiovanLuigi, che tu hai quella brutta cera…(La zia non aveva una sviscerata simpatia per il principe, ed a dire il vero aveva avuto spesso diatribe anche con la sorella).E senza che l’altra avesse il tempo di rispondere aggiunse:-Ma sei felice con lui?
Quella domanda colse Lucia come un fulmine ed un altro fulmine fu per lei il fatto di essere sorpresa che una tale domanda la sconquassasse, perché le pareva naturale dover rispondere di sì, ma era che proprio il sì non le veniva fuori.
Gli occhi sgranati della zia Vanda erano su di lei e non le davano scampo, tanto che Lucia alzò lo sguardo in alto, in alto, e tramite i vetri incocciò di nuovo la luna e i gabbiani, bianchi e belli in quel nitido cielo invernale, e a loro avrebbe voluto chiedere aiuto, a loro avrebbe voluto chiedere innanzitutto che cosa le stava succedendo.
-Io…io…ma certamente, riuscì poi a dire in modo così innaturale che la zia Vanda pensò di non infierire ulteriormente.
-Sai cosa ti dico, cara Lucia, e la guardò trionfante e complice, che la prossima volta che io parto, tu vieni con me. Che ne dici, eh, un bel viaggetto in Perù, o in Tibet, oppure semplicemente in Grecia, a spaparazzarsi su una spiaggia, eh, che ne dici, senza pensare a nulla di tutto quello che c’è qui…
Guardò Lucia con sguardo furbetto.
-Fa molto bene, riprese poi. Ti piacerebbe, Lucia?
-Oh, sì, esclamò Lucia con entusiasmo e questa volta senza doverci pensare su.
-E allora, allora andiamo, è deciso, non se ne parla più.
-Ma…iniziò debolmente Lucia, ma… non so se…
La zia la guardò ancora, con tenerezza, con quei suoi grandi occhioni neri, che sembravano frugare nelle profondità dell’anima. Poi disse:-A GiovanLuigi ci penso io. Non ti preoccupare.
A quella frase Lucia cambiò espressione e disse:-Forse vorrà venire anche lui.
-Non se ne parla, disse la zia Vanda, andiamo io e te. Fai conto che siamo già partite. E chiuse con decisione l’argomento.
Il suono dell’ora che giungeva da qualche parte là fuori, ricordò a Lucia che doveva scappare. Posò la tazzina, ringraziò, e se ne andò sgattaiolando nelle scale, e quando fu giù, nel piccolo cortile, sentì la zia che dall’alto diceva:- Ricordati, Lucia, la prossima volta…
Lucia alzò la mano per il saluto, e sorrise.
Poi si ributtò nel traffico, che ruggiva sempre di più. Direzione: Antica Drogheria Coloniale.
Arrivò nei pressi del centro storico con una certa fatica, e si diresse subito al parcheggio a pagamento. Quando scese si trovò a contatto col mare, steso davanti a lei, limpido e azzurro, solo. La piccola spiaggetta attigua al porto era deserta, tutto era terso, vuoto ed invitante. Avrebbe davvero aderito a quell’invito, Lucia, sedersi su una ruvida pietra e starsene un po’ calma, che meraviglia annusare la salsedine, ascoltare le onde. Ma dall’altra parte c’erano i negozi, e la chiamavano, Lucia, Lucia, Lucia, doveva andare proprio là, dove stavano tutti gli altri, dalla parte opposta al mare alla spiaggia alla luna e ai gabbiani.
Davanti all’antica porta d’ingresso della città, vide un assembramento umano formicolante ed incredibile, tanto che istintivamente si fermò un attimo.
Volse ancora lo sguardo verso il mare, poteva vederne il riverbero silenzioso. Chiuse gli occhi e le sembrò di sentire il delicato profumo del salino.
Poi si buttò anche lei nella mischia, per raggiungere la storica drogheria che da anni confezionava il pacco dono per il medico della storica famiglia di GiovanLuigi.
Scusi, permesso, grazie, e così riuscì pian piano a guadagnare i cinquanta metri che le servivano ed arrivò davanti al negozio. Un Babbo Natale stava distribuendo cioccolatini.
-Grazie, disse Lucia, ma poi si accorse che insieme al cioccolatino aveva anche ricevuto un numero. Sul piccolo biglietto c’era scritto 508.
Presa dal panico Lucia chiese a Babbo Natale a quale numero erano arrivati. Egli fece un gran sorriso sotto ai baffoni bianchi, e le disse fanno presto, fanno presto.
In realtà non fu così. Stanca, scorata, con le gambe gonfie per quella forzata permanenza in piedi, Lucia dovette più volte pensare che gli eventi si potevano pur scatenare all’impazzata, ma che l’indomani sera sarebbe tutto finito. Provò a ripensare a qualcosa di luminoso, e questa volta le arrivò nella testa, dritto dritto, il viaggio proposto dalla zia. E mentre ci pensava, squillò ancora il cellulare.
Quel suono acuto e sibilante fece sobbalzare Lucia come una molla, la fece finalmente buttare fuori il nervosismo e l’irritazione che aveva accumulati, nel dire seccatissima: -Ma che cosa c’è ancora?
Però questa volta non era GiovanLuigi, ma la propria madre.
-Ma Lucia, perché rispondi a questo modo, ma che cosa ti succede?
-Scusa mamma, rispose Lucia a bassa voce, non sapendo se era più in imbarazzo per tutti gli sguardi che erano piovuti su di lei, o per aver risposto così alla mamma e per la sua riprovazione. E’ che GiovanLuigi mi ha già chiamato due volte e credevo che fosse lui…
-Ah, e così rispondi a tuo marito, così scocciata, ma Lucia…
La signora Lina, la madre di Lucia, sì era innamorata fin dal primo istante di quel marito, alto, distinto, ricco e ciarliero, e non perdonava a Lucia nessuno sgarbo nei suoi confronti. Amore, naturalmente, ricambiato.
-Mamma, guarda, ti devo salutare, sono dal droghiere.
-E allora, se sei dal droghiere, non puoi parlare con tua madre?
-Mamma, scusa, sono in coda, magari ti richiamo…
2/ Continua

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