Appuntamento con i racconti di Marina Salucci, ecco un racconto fantascientifico a sfondo sociale in uno scenario futuro apocalittico ispirato ai problemi attuali:
La sera era inoltrata, ma stava ancora lavorando. C’era una richiesta urgente da soddisfare.
Il temporale imperversava. Il cielo scuro diventò chiarissimo all’improvviso, svelò il paesaggio in ogni particolare. Poi la notte ingoiò tutto in un attimo.
Accese la lampada chirurgica. Era giunto al momento più delicato, far scivolare ciascuna amigdala nella propria nicchia e dunque unire i due emisferi cerebrali. Ma non era preoccupato. Sapeva cosa fare e l’Encel Service gli aveva messo a disposizione ciò che gli serviva.
Con movimenti precisi iniziò la lenta opera di fusione. Davanti a sé aveva la bacinella del collagene al sodio, la coltura di cellule fresche, gli elettrodi e le piccole pinze.
Arrivò il fragore del tuono.
Gli avevano chiesto di fermarsi per assemblare quel cervello. Pochi erano in grado di farlo. Fra quei pochi lui era il migliore. S’era formato lavorando al cervelletto, poi ai lobi frontali e all’ipotalamo. Tutti pezzi ancora molto richiesti. Ma spesso la sostituzione delle singole parti non dava i risultati sperati. Succedeva soprattutto nel caso degli artisti, degli scrittori in particolare.
E allora si passava alla sostituzione completa.
Il cielo spasimava, livido di grigio e di viola. Sussultò nel rantolo arrabbiato del tuono, che corse da un punto cardinale all’altro.
Mise i due emisferi nella bacinella iodata. Poi iniziò la preparazione del reticolato. Vide le cellule connettivali prendere corpo. Ne controllò la temperatura, poi le spalmò sugli emisferi. I suoi movimenti erano precisi, puntuali. Ne fu soddisfatto.
Ma non riuscì a continuare. Il termostato mandò scintille che produssero un crepitio sinistro. Si spense.
Subito dopo il buio fu totale.
Si precipitò al pulsante delle luci d’emergenza, che azionava subito anche l’allarme.
Sapeva che gli emisferi potevano sopravvivere separati per un ventina di minuti. Dopo si sarebbero danneggiati. Che cosa avrebbe fatto?
Le squadre d’emergenza sarebbero arrivate immediatamente, ma quanto ci avrebbero messo per la riparazione?
Fuori il cielo si era gonfiato abbastanza. Scoppiò. L’acqua si riversò con una forza primordiale.
Quanto ci avrebbero messo non lo sapeva. Una situazione simile non era stata prevista. Il sofisticato impianto antifulmine avrebbe dovuto garantire da ogni contrarietà meteorologica.
E invece non aveva funzionato. Perché?
A questa domanda il suo cervello produsse il rumore d’uno sfrigolio elettrico. Si impaurì. Era la segnalazione di un pensiero-virus. Non gli era mai successo.
Occorre sempre essere presenti a se stessi e avere il controllo della propria mente, predicava il Guru Luminoso, e per questo era previsto che alla nascita, a ogni nuovo fratello della luce, venisse installato un sensore per poter individuare subito i pensieri-virus, quelli che portano fuori strada. Per il bene del singolo, ma anche della comunità. Se il singolo devia, tutta la comunità viene danneggiata, questo diceva Guru. Colui che era un buon padre per tutti.
Certo, lo sapeva. E gliene era grato.
E allora perché quel rumore? Che cosa c’era che non andava?
Tornò al suo ultimo pensiero. Che era una domanda.
Perché l’antifulmine non aveva funzionato?
La analizzò. In effetti in quel punto interrogativo scoprì un dubbio: il dubbio che qualcosa non fosse stato fatto alla perfezione, che l’efficienza e l’armonia del sistema potessero avere qualche ombra. Ecco perché lo sfrigolio. Il suo pensiero aveva deviato. Ora gli era tutto chiaro. Non toccava certo a lui rintracciare i perché, c’era chi lo faceva per tutti, e nel modo migliore. Sarebbero arrivate le squadre d’emergenza e avrebbero ripristinato tutto nei tempi ottimali. Come aveva potuto dubitarne?
Quello che doveva fare era semplicemente adempiere al suo compito: salvare i due emisferi. Decise che avrebbe tentato senza termostato.
Prese le pinze e si accinse al lavoro. Ma si fermò dopo pochi movimenti. Le pinze stavano tremando. Sentì qualcosa spargersi per i visceri. Era paura.
E il cervello sfrigolò di nuovo.
Perché quel tremore? Sapeva bene che dal giorno del Grande Cambiamento non c’erano pericoli. Era tutto armoniosamente controllato per la serenità di ciascuno.
Eppure la sentiva la paura, gli girava nel sangue. E doveva fermarla, perché era un pensiero-virus
Decise di recitare un mantra per il Controllo Armonioso, che aveva imparato agli incontri per la padronanza della mente. Mentre lo recitava riprese le pinze. Tremavano ancora. E il cervello ancora crepitò. Ma che cosa gli succedeva?
Doveva fuggire. Scappare. Qualcosa non gli funzionava più. Le squadre d’emergenza stavano arrivando. Se ne sarebbero accorte subito. Avrebbero informato il comitato per il Bene Collettivo, gli avrebbero sostituito l’amigdala, o l’ipotalamo, o il gran reticolato… E poi non fosse bastato… gli avrebbero cambiato… se non fosse bastato la sua testa vuota avrebbe ricevuto un altro cervello, programmato ed efficiente, proprio come quello che stava…
Si mise a correre, via veloce che non sapeva dove, a nascondersi, a prendere tempo, mentre il rumore dei suoi neuroni era sempre più lancinante.
Pensò alla procedura di cambiamento. La conosceva bene. Il comitato preferiva essere radicale, nel dubbio si sostituiva tutto, non si poteva rischiare. E nell’attesa di un cervello nuovo, si alloggiava nell’Accoglienza Amorosa, un vero paradiso in mezzo alla campagna, si diceva, ma nessuno di coloro che ne uscivano erano in grado di ricordarlo.
Ma perché ne aveva paura? Sostituire il cervello era un’operazione necessaria, se c’era un’anomalia occorreva provvedere, per il bene di tutti, così diceva con un sorriso il Guru Luminoso, del resto tutti vi si sottoponevano con gratitudine, sapevano che era la cosa giusta.
Era terribile quel rumore nella testa, aumentò la velocità della corsa e decise di andare nei vecchi archivi. Quei locali erano sconosciuti ai più, ci avrebbero messo un po’ prima di trovarlo.
Mentre correva altre domande gli rotolarono addosso.
E se invece provassero tutti paura? Se scappassero come stava facendo lui, per proteggere il loro cervello, la propria identità, se anche gli altri temessero le procedure dell’Accoglienza Amorosa? Come poteva essere certo del contrario?
Dal momento in cui i pensieri-virus venivano scoperti, i cervelli stavano in isolamento e con essi i loro proprietari. Chi aveva mai potuto parlare con loro?
E se… se il Guru Luminoso… se sostenesse qualcosa che non era…
Questa volta il crepitio fu più forte. Gli arrivò al naso odore di bruciato. Si sentì perduto.
I pensieri andavano a ruota libera, ruzzolavano per strade traverse, per sentieri stretti, che non aveva mai pensato di percorrere, presto, presto, doveva rinchiudersi negli archivi.
Certo l’avrebbero cercato con solerzia, ma un po’ di tempo l’aveva, e forse con calma, recitando i mantra, avrebbe ripreso il controllo della mente.
Finalmente intravide la porta. Entrò. La luce d’emergenza illuminava vecchi documenti, specifiche ingiallite e manuali ormai desueti. Si chiuse dentro. Riuscì a calmarsi un poco.
Gli venne in mente suo nonno. Aveva vissuto la sua giovinezza prima del Grande Cambiamento. Sapeva che amava leggere e che quando si era insediato il Guru Luminoso gli erano stati confiscati tutti i libri, affinché il Benefico Controllo potesse prontamente restituirgli soltanto quelli che contribuivano al suo benessere e a quello sociale. Non ne parlava volentieri. Ricordò di averlo visto spesso triste, masticare mezze frasi che non capiva, ricordò anche che spesso doveva partiva per le Vacanze dello Spirito.
La luce d’emergenza mancò.
Andò a sbattere contro uno scaffale.
Sentì i tonfi sordi dei libri che cadevano.
La luce si riaccese.
Guardò i vecchi volumi sgangherati caduti a terra. Erano manuali sulle tecniche di assemblaggio.
Si prodigò nei mantra. Ma non ebbero l’effetto sperato. Gli s’infiltravano pensieri e domande, e molte cominciavano con una parola che fino ad allora gli era stata poco familiare.
Perché?
Dal Grande Cambiamento in poi tutto s’era incastrato in concordia splendente, qualcuno organizzava la vita per gli altri, al meglio, che bisogno c’era di chiedere perché?
Doveva riprendere il controllo della mente, ma si accorse che la sua mente non si voleva far controllare.
L’odore di bruciato aumentava e non sapeva quanto tempo gli restasse. Questo, questo era l’odore della paura.
Gli arrivò un pensiero che diceva: questi dubbi non possono essere solo i miei. E ancora: ciò che non è bene per il singolo, lo può essere per la comunità?
Decise di leggere un vecchio manuale. Confrontarlo con le procedure odierne, Leggere istruzioni poteva essere un ottimo stratagemma per calmare il cervello.
Si accorse che c’erano varie copie di un volume. S’intitolava “Procedura d’assemblaggio armonioso”. Una, due, tre, quattro…
Ma il quarto era rilegato con colori vivaci.
Lo aprì.
Ma … ma che cosa…
Il titolo impresso nella prima pagina era un altro. Completamente diverso. Recitava: Dizionario delle parole dimenticate. Forse un errore?
Proseguì. C’era una dedica.
Ai miei posteri, sperando che possano tornare a farsi contagiare dai pensieri-virus.
E poi un nome e un cognome di donna. Brevi e sonanti. Belli.
Andò in fondo, a guardare la data. Era l’anno quattro dal Grande Cambiamento. Prima che lui nascesse.
Ma che cosa voleva comunicare quella donna dai bei nomi, cosa c’era lì dentro di così importante da proteggerlo sotto mentite spoglie?
Non avrebbe dovuto leggere. Era contrario alle regole del Guru Luminoso. In effetti, se erano state dimenticate, un valido motivo ci doveva pur essere.
Mentre così pensava aprì a caso il volume. Lesse la parola protesta. Non la conosceva. Allora lesse la definizione. Espressione e manifestazione decisa della propria opposizione. Non capiva. E allora cercò opposizione. Posizione o situazione contraria, opposta, contrastante.
Ma verso chi o che cosa indirizzare la propria posizione contraria se tutto funzionava bene?
Nella grande comunità di Terra, ogni particolare era pensato dal Guru Luminoso e dai suoi collaboratori, in modo che i cittadini, i fratelli di luce, potessero dedicarsi serenamente all’applicazione del loro talento. Perché tutti ne possedevano uno e venivano aiutati a riconoscerlo. Il suo talento era l’assemblaggio dei cervelli. Dunque, che bisogno c’era di manifestare la propria opposizione, se tutto funzionava? Questa parola era stata dimenticata perché non serviva più. Ecco, era evidente.
Pensò di riporre il dizionario.
Ma non vi riuscì.
Continuò a sfogliarlo.
Dittatura: forma di governo autoritario che accentra tutto il potere in un solo organo o nella sola figura del dittatore e nega le libertà individuali.
Pensò che dittatura era il governo del Guru Luminoso. Ma quella definizione sembrava negativa, perché? Decise di approfondire. Cercò autoritario. Che limita il ruolo dell’opposizione. Pensò che su Terra nessuno si opponeva. Era giusto? Poi lesse libertà. Condizione di piena autonomia e indipendenza di chi non subisce controlli o costrizioni e può esprimere se stesso.
La sillabò: li-ber-tà…
Squillava fiera. Si accorse che quella fierezza gli percorreva i fluidi, e gli faceva provare sensazioni sconosciute. Pensò a come doveva essere stata chiara e leggera, la libertà. Una parola dolce ma determinata. Si mise a sognare la vita con l’irruzione della libertà. Scegliere, lasciare volare il cuore, far progetti futuri, immaginare, dare corpo ai dubbi, non aver paura dei propri pensieri, ma amarli, giocarci, correre insieme…
Il palpito del plesso solare era così forte che si dovette fermare. Sentì lacrime che cadevano e insieme… insieme un’enorme voglia di libertà.
Si aspettava altri crepitii encefalici e puzza di bruciato, stava desiderando qualcosa di proibito, qualcosa che il Guru Luminoso aveva condannato, il suo cervello sarebbe andato in fumo…
Invece no, i crepitii tacquero, com’era che si erano calmati, forse sarebbero tornati, o forse … forse…
Si accorse che stava sperando. Era dolce. Sperare che il suo sensore encefalico fosse andato fuori uso. Sapeva che poteva succedere a contatto con scariche elettriche smisurate, anche se i casi erano rari.
Libertà, iniziò a scandire. Pensò a quanto sarebbe stato bello lasciarsi vivere, lasciarsi percorrere dalle emozioni e poterle riconoscere come proprie e legittime. Respirare i pollini della primavera e non averne paura.
Il fremito era così forte e veloce che diventava turbatore. Si domandò anche perché erano arrivati al Grande Cambiamento, se era stato proprio necessario spegnere ogni palpito per il bene sociale. Non c’era altra via? Le Regole Armoniose, diceva il Guru, proteggono dalla guerra, dalla malattia e da ogni altro pericolo. Prima gli uomini si annientavano l’un l’altro e distruggevano il pianeta.
Dunque non erano stati capaci di far buon uso della libertà?
Non lo poteva sapere, era così difficile capire cos’era successo davvero. Ma se così era stato occorreva imparare di nuovo a usarla. Ci dovevano essere altre strade, da costruire con fatica, con rischi continui forse, ma comunque altre possibilità.
Forse i terrestri che avevano vissuto prima avevano perduto davvero il sentiero. Forse alcuni, forse molti. Ma la soluzione non poteva essere quella di barattare una serenità fittizia in cambio della propria identità. Della propria anima.
Sentì rumori cadenzati. Sempre più vicini. Lo stavano cercando.
Era arrivato il momento di inventarsi qualcosa. Ma non si sentiva preoccupato. La paura si era stemperata in quella corrente che gli pervadeva il corpo e aveva la sensazione (la certezza?) di poter dialogare con il proprio cervello, di poter cercare con lui una strategia.
Era andato lì per cercare vecchi manuali, questo avrebbe detto. Tutti i computer erano fuori uso e aveva bisogno di procedure, doveva fare il possibile per salvare i due emisferi di cellule fresche e non poteva fidarsi solo della sua memoria. Ora li aveva trovati, avrebbe dunque provveduto a saldarli seguendo le istruzioni riportate.
Gli uomini delle squadre d’emergenza non fecero nessun commento.
Lo accompagnarono dunque al suo banco di lavoro con gli occhi densi di sospetto. Poi avrebbero provveduto a fare una segnalazione al Benefico Controllo, certamente. Per il momento se ne andarono lesti a riparare le centraline.
Rimase da solo.
Sapeva che non l’avrebbe passata liscia. Il suo operato sarebbe stato vivisezionato, e il suo cervello anche. Esami, test, domande. Ma ora un po’ di tempo l’aveva. Poteva pensare e agire. Lanciare il suo pensiero al di fuori di lì, sopra le montagne, oltre la luna, su nel cielo che ora lasciava trasparire qualche stella. Libertà.
Pensò a quel nome di donna scritto sul libro, alla persona che l’aveva scritto, al grande regalo che aveva fatto a tutti loro.
Il cervello si era calmato e ora sapeva che cosa fare. Avrebbe dotato i nuovi cervelli di una memoria nuovissima. Con tutte le parole dimenticate.
Ci avrebbero messo un bel po’ a scoprirlo, questo giocava a suo favore. E intanto le parole sarebbero entrate nei nuovi emisferi, i nuovi suoni sarebbero diventati flusso vivo, sogno, emozione.
Pensò a ciò che potevano creare, quali emozioni, quali comportamenti, quali reazioni, quali possibilità.
Sapeva che comportavano pericoli per tutti, non solo per lui. Ma non si sentiva colpevole, non avrebbe rinunciato. Valeva la pena di vivere con strade e pensieri preconfezionati? Forse un giorno, i suoi posteri avrebbero potuto di nuovo…
Il temporale ormai era lontano, in un punto vago dell’orizzonte. C’erano stelle a frotte. Poteva essere di buon auspicio per Terra.
Si era trovato fra le mani semi per il futuro. Una memoria da disseppellire, parole da spargere. Doveva provare. Voleva provare.
Questo pensò.
Poi iniziò a confezionare memorie.
